giovedì 7 agosto 2025

Essere umani

 Un intervento molto interessante di uno dei più grandi genetisti al mondo. E' decisamente lungo ma va letto con attenzione...

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Tanti modi di essere umani senza credere alle favole

Oggi no: oggi c’è una bella differenza fra noi e gli scimpanzé, ma sette milioni di anni fa eravamo la stessa cosa, avevamo gli stessi antenati: lo si capisce dai nostri Dna, così simili.

E allora, quand’è che siamo diventati umani? Si potrebbe rispondere: appunto sette milioni di anni fa, quando alcuni di quegli antenati sono scesi dagli alberi, iniziando un lungo cammino. Letteralmente: chi si è avventurato negli invitanti, pericolosi spazi aperti ha imparato a camminare, chi è rimasto al sicuro nella foresta, no; noi discendiamo dai primi, gli scimpanzé dai secondi.

Oppure potremmo dire che è umano chi ha un cervello come il nostro, e così fissare la svolta al momento in cui troviamo i primi crani uguali ai nostri, cioè 200mila anni fa. O invece, potrebbero essere umani tutti quelli che, da due milioni di anni e passa, costruiscono attrezzi per mezzo di altri attrezzi, cosa che nessuno scimpanzé è mai riuscito a fare.

Oppure ancora, stabiliamo che sia umano solo chi sappia parlare, ma allora, come si dice in Polesine, peso el tacòn del sbrego, peggio la toppa del buco, perché la facoltà del linguaggio non lascia fossili e chissà quando si è sviluppata.

Questione spinosa, insomma. Se ne era accorto Charles Darwin, secondo cui chiedersi da quando siamo umani è «poco interessante», perché la risposta dipende solo dalla nostra, soggettiva, definizione di umano.

Giusto. Però le convinzioni soggettive non sono da buttar via. Anche loro si sono evolute nel corso del tempo, via via che nuovi fossili, nuove scoperte della genetica mettevano in crisi certe idee troppo semplici.

Oggi sappiamo che sulla Terra è passata parecchia gente che ci assomigliava e adesso non c’è più. In Europa e in Asia occidentale c’era il famoso uomo di Neandertal; nel sudest asiatico è vissuta a lungo una specie che chiamiamo Homo erectus, probabilmente scomparsa senza entrare in contatto con noi.

Negli ultimi anni abbiamo trovato in Asia i resti di altre tre specie estinte: nell’isola indonesiana di Flores (Homo floresiensis), nelle Filippine (Homo luzonensis), e in Siberia, nella grotta di Denisova. Che aspetto avessero i denisovani non lo sappiamo: di loro ci restano solo minuscoli frammenti di ossa; ma c’era Dna, in quei frammenti, e non è né il nostro né quello dei Neandertal.

Tante specie umane, dunque, e forse l’elenco non è completo; e non possiamo escludere che si siano mescolate fra loro, queste specie. Un momento, però: non ci avevano insegnato a scuola che specie diverse, se si incrociano, generano figli sterili, come i cavalli e gli asini?

E allora, se si sono mescolati (il termine tecnico è ibridati) non dovremmo dire che apparteniamo tutti a un’unica specie umana?

Tanto per cambiare, la risposta ce la dà Darwin. Ci servono nomi per definire i viventi, scrive; ma non è detto che se chiamiamo «asino» l’asino, o «cavallo» il cavallo, poi i due equini si sentano obbligati a rispettare questa nostra classificazione.

Specie simili discendono, con modifiche, da antenati comuni, ma ci vogliono decine o centinaia di millenni. Durante tutto questo tempo, se scatta la fatale scintilla, membri dei due gruppi possono ancora generare figli fertili.

Visto che distinguiamo bene gli scheletri di Neandertal da quelli di sapiens, ha senso chiamarli con nomi diversi. Ma la possibilità che queste specie si siano ibridate esiste, e non viola nessuna legge naturale.

Attenzione, però: è una possibilità. Se sia avvenuto davvero, non è così semplice dire. Abbiamo un dato: il Dna dei neandertaliani assomiglia un po’ di più a quello degli europei e degli asiatici che a quello degli africani.

Può darsi che i primi sapiens usciti dall’Africa abbiano incontrato i neandertaliani, da qualche parte nel Vicino Oriente, e si siano, appunto, ibridati con loro. È stato un cocktail sbilanciato, tanti sapiens e pochi Neandertal, ma è bastato a far arrivare un po’ di Dna neandertaliano fino ad oggi, anche in posti dove Neandertal non si è mai sognato di andare, in estremo oriente e addirittura in Nuova Guinea: c’è arrivato sulle gambe dei sapiens che sono migrati fin là.

Questa però non è la sola spiegazione possibile. Per capirsi, i nostri Dna sono più simili a quelli dei gorilla che a quelli dei canguri, e non perché abbiamo fatto sesso con i gorilla. Semplicemente, l’antenato comune a noi e ai gorilla è più vicino nel tempo di quello comune a noi e ai canguri.

Allo stesso modo, è possibile che i Neandertal siano più simili agli eurasiatici che agli africani perché hanno antenati comuni più recenti con i primi che con i secondi. Finché non ne sapremo di più, meglio lasciare aperte entrambe le possibilità.

Ma allora, come facciamo a decidere chi faccia parte della famiglia umana? Gira gira, si ritorna alla facoltà del linguaggio. L’abbiamo già detto: non ci troveremo date precise.

D’altra parte, il linguaggio è così importante che qualcuno propone di chiamarci the storytelling animal, l’animale contastorie. Un grande evoluzionista, Larry Slobodkin, si è dichiarato pronto ad accogliere nella famiglia umana qualunque forma vivente che si diverta a raccontare e ascoltare storie.

È un allenamento alla vita, è come esercitarsi su un simulatore di volo prima di pilotare un Airbus. Pensare all’umanità come la comunità contastorie ha anche il pregio di segnalarci un rischio a cui siamo esposti.

«Davanti a una storia, una storia qualsiasi, io resto incantato», scrive Philip Roth. Le storie che ci piacciono non devono per forza essere vere, devono affascinarci. Se una bufala colpisce qualche angolo nascosto della nostra psiche, può diffondersi e diventare, come si dice, virale.

Scie chimiche, sostituzioni etniche, microchip iniettati nel circolo sanguigno con la scusa dei vaccini… Il problema è annoso: i miti della razza, della superiorità dei maschi sulle femmine, hanno prodotto noti disastri su scala planetaria.

Insomma, la caratteristica più umana dell’umanità, la nostra fame di storie, ci rende anche manipolabili, e minaccia la nostra capacità di comprendere il mondo in cui viviamo. Circolano verità alternative: se qualcosa non ci piace, possiamo convincerci che non è vera, e provare a convincerne gli altri con una storia ben congegnata.

È giusto che di questi fenomeni parlino sociologi e psicologi. Io posso solo dire che la scienza, come il diritto, è un tentativo di ridurre i conflitti per mezzo della razionalità: quella razionalità che, nella nostra società iperconnessa, le fake news possono indebolire o distruggere; e doverla poi ricostruire sarebbe molto difficile.

Se ai dati scientifici anteponiamo chiacchiere raccolte qua e là perché confermano quanto pensiamo di sapere già, se rinunciamo alla possibilità di confrontarci secondo ragione, resta solo lo scontro, dove vincerà il più brutale.

Siamo animali contastorie, avidi consumatori di storie; però siamo anche cittadini, e non avremo scusanti se non riconosciamo i pericoli e non ci schieriamo dalla parte giusta.


Guido Barbujani, laureato con lode in Scienze Biologiche nel 1978 presso l'Università di Ferrara, ha lavorato alla Stony Brook University (Stato di New York), alle Università di Padova Bologna, e dal 1996 è professore ordinario di genetica all'Università di Ferrara, già presidente dell'Associazione Genetica Italiana, membro dell'"ALFRED (Allele FREquency Database) Advisory Board", nominato dalla National Science Foundation (USA), è faculty member della "European School of Medical Genetics", e associate editor delle riviste "BMC Genetics" e "Human Heredity", https://docente.unife.it/guido.barbujani/curriculum.

https://ilmanifesto.it/tanti-modi-di-essere-umani-senza-credere-alle-favole Edizione del 4/82025


domenica 3 agosto 2025

Il pubblico italiano

"Uno studio corrente dice che la media del pubblico italiano rappresenta l'evoluzione mentale di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nei primi banchi".

Silvio Berlusconi, 9 dicembre 2004, presentazione del libro "Storia d'Italia".

https://www.youtube.com/watch?v=P1ELoftD_fw

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E se lo ha detto lui più di 20 anni fa...

venerdì 1 agosto 2025

mercoledì 30 luglio 2025

L'importanza della opposizione

 Un amico mi ha detto che un proverbio marchigiano recita: "Quando il treno passa, i cani abbaiano". Intendendo che in politica chi è al governo... governa mentre l'opposizione "abbaia" inutilmente.

Un altro amico, decisamente intelligente e saggio, ha replicato: "Molte volte se il padrone non li ascolta i ladri vanno a rubare, in questo caso il potere". 

Ecco l'importanza di chi sta all'opposizione: richiamare l'attenzione sull'arroganza del potere.


sabato 19 luglio 2025

Israele - Hamas

ATTENZIONE: ARTICOLO MOLTO LUNGO

 ma, a mio modo di vedere, completissimo e meritevole di una attenta lettura!

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 9 giugno 2025

SOLO HAMAS PUÒ FERMARE LO STERMINIO A GAZA    di Roberto Massari

PREMESSA.

Spesso, NELL'AMBITO DI UNA CERTA SINISTRA, si fa riferimento a:

- «l’eccidio -giuridicamente definibile come genocidio, discutibile se sia giusto moralmente definirlo tale»- perpetrato da Israele ai danni del popolo gazawi.

- si mette sullo stesso piano le colpe di Hamas e quelle del governo israeliano. Di conseguenza si ritiene che il termine allo sterminio possano porlo sia Hamas sia Netanyahu.

- si pensa che un paese smette di essere democratico se ricorre a metodi così atroci.

 1. 

Sull’accusa di genocidio ai danni d’Israele, l’aspetto giuridico (per il momento) è chiaro anche se contraddittorio:

a) la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (su iniziativa del governo Sudafricano) ha intimato a Israele di «prendere misure per non compiere atti possibilmente genocidari», ma NON ha ordinato la fine delle azioni militari;

b) la Corte Penale Internazionale ha dichiarato l’ex ministro della difesa Gallant e Netanyahu, colpevoli di «crimini di guerra» e di «crimini contro l’umanità», e ha spiccato dei mandati di cattura contro di loro. Ma NESSUNA di queste due massime istanze giuridiche internazionali ha emesso una SENTENZA che contenga l’accusa di genocidio contro il governo israeliano. Pertanto, tutti coloro che stanno lanciando questa accusa allo Stato d’Israele lo stanno facendo a TITOLO PERSONALE. E non lo fanno su basi giuridiche ma IDEOLOGICHE, per lo più riconducibili a gradi diversi di antisemitismo.

Rimane aperta la discussione se effettivamente si tratti di genocidio o no, e secondo UNA CERTA (RILEVANTE) parte della SINISTRA si ritieni «moralmente» fondata questa accusa. La questione, però, è dirimente -visto che sta alla base della nuova esplosione di massa dell’antisemitismo- riassumo alcune considerazioni sulla questione.

Lo sterminio di un popolo (aggredito o aggressore che sia) è cosa diversa dal genocidio, se non vi è una precisa intenzione di far estinguere un determinato popolo, etnia o classe sociale. Insomma, non è la quantità di morti o la ferocia militare che determinano il crimine di genocidio. Nella guerra del Vietnam gli Usa fecero morire (anche col napalm) oltre un milione di vietnamiti (più civili che militari), 2-300.000 cambogiani, alcune decine di migliaia di laotiani. Fu certamente un crimine contro l’umanità (e il criminale numero uno fu Lyndon Johnson), ma non fu genocidio. Né tale è stato considerato dalla storia.

Chiunque accetti in buona fede la definizione di genocida per il governo israeliano (ripeto: ufficialmente non attribuita dai due principali organi giudiziari internazionali), dovrebbe chiedersi se vi sia mai stata l’intenzione israeliana di far scomparire il popolo gazawi, PRIMA del 7 ottobre e anche DOPO. Per il prima la risposta è facile: Israele si era ritirato COMPLETAMENTE da Gaza nel 1994, proprio per consentirne l’autonomia e la costituzione di un ersatz di Stato indipendente (uno Staterello, lo chiamo io). Netanyahu è considerato addirittura colpevole di aver permesso che ingenti finanziamenti arrivassero ad Hamas e che Hamas usasse questo denaro non per la popolazione, ma per preparare la guerra, i tunnel e instaurare un REGIME islamista DITTATORIALE, uccidendo tra l’altro i palestinesi fedeli all’Olp di Abu Mazen.

Per il dopo, come non ricordare tutti gli appelli del governo israeliano al popolo gazawi perché abbandonasse le zone che si accingeva a bombardare, al contrario di Hamas che tentò di IMPEDIRE l’evacuazione della popolazione palestinese civile? Quale governo genocida si preoccupa di avvisare sulle zone che verranno bombardate e anche di far arrivare i rifornimenti alimentari all’etnia che intende annientare?

E non ci si faccia ingannare sulla questione dei rifornimenti alimentari, perché anche lì entra in ballo Hamas e la sua APPROPRIAZIONE dei camion in arrivo, sia per imporre la propria autorità sia per rivendere gli alimenti. Tant’è vero che le Nazioni Unite stanno contrastando la distribuzione «alternativa» di alimenti fatta dalla Ghs (Gaza Humanitarian Foundation: Usa + Israele) perché tale distribuzione viene ora sottratta al controllo di Hamas. Basterebbe questa vergogna a far capire da che parte stia la maggioranza dei funzionari delle Nazioni Unite.

«Genocida» fa rima con «deicida», cioè l’accusa millenaria con cui sono stati perseguitati gli ebrei dalle culture «cristiane». E chi oggi si riempie la bocca con questa nuova «accusa di sangue», prova un brivido di eccitazione, sente il fascino perverso della continuità bimillenaria. Ma soprattutto è una scappatoia per l’Occidente di liberarsi dal senso di colpa nei riguardi dell’Olocausto. Questo rimane a tutt’oggi il più grande esempio storico moderno di genocidio, mentre quello ucraino (holodomor) viene al secondo posto sul piano quantitativo. E l’ironia della storia vuole che oggi siano ancora gli stessi popoli - vittima: ebraico e ucraino a lottare per la propria sopravvivenza.

Dietro il dilagare del ricorso al termine «genocida», nuova versione della medievale «accusa di sangue», sta crescendo un antisemitismo di massa, in genere fondato sulla cattiva coscienza, sull’ignoranza e sull’imbecillità.

2. 

Fino al 7 ottobre il governo israeliano non aveva avuto alcuna intenzione di combattere militarmente contro Hamas. Da allora invece è scoppiata una guerra. Riassumiamo le caratteristiche di questa guerra asimmetrica.

Lo Staterello di Gaza (governato dittatorialmente da Hamas) ha dichiarato guerra allo Stato postdemocratico d’Israele (diretto da un governo di destra e di estrema destra) con il pogrom feroce, bestiale, disumano del 7 ottobre. Componente fondamentale di tale eccidio è stata la violenza di genere, quella rivolta a umiliare le donne tramite gli stupri che però non deve far dimenticare anche il ricorso agli squartamenti. Lo ha fatto coll’esplicito proposito di provocare la reazione d’Israele, oltre che per bloccare il processo di pacificazione con l’Arabia Saudita. Ma dietro la dichiarazione di guerra di Hamas, c’era e continua ad esserci l’Iran.

Hamas ha cercato di impedire che il proprio popolo si mettesse al riparo dai bombardamenti. Hamas ha usato e continua a usare il popolo gazawi come scudi umani. Hamas ha mantenuto i propri miliziani mescolati alla popolazione negli ospedali, nelle scuole, in alcune sedi delle Nazioni Unite. Ma soprattutto, Hamas voleva che Israele avviasse il massacro del popolo gazawi, sperando così di suscitare la reazione di ciò che resta del mondo palestinese in Medio Oriente e non solo dei gruppi armati islamici filoiraniani. Sperava anche di poter soppiantare l’Anp in Cisgiordania, così come l’aveva cacciata con la forza da Gaza.

L’intento è fallito perché la disumana dichiarazione di guerra a Israele non ha coinvolto il resto del mondo palestinese non filoiraniano. In realtà non ha coinvolto nemmeno il popolo gazawi, al di fuori dei miliziani di Hamas: questo lo si vede chiaramente, ma non lo dice nessuno, specie tra gli antisemiti «di sinistra» sostenitori della presunta «resistenza» palestinese. 

Tra questi devo includere anche i trotskoidi del Segretariato unificato della Quarta internazionale, ormai accesamente filo Hamas. (Se non ci avessero espulsi nel 1975, saremmo dovuti uscirne sicuramente oggi.)

In Cisgiordania - dove ancora vivono arabi-palestinesi non assimilati e che avrebbero solide ragioni per insorgere contro Israele - a parte alcune manifestazioni di lugubre gaudio dopo il pogrom del 7 ottobre, non si è poi mosso quasi nulla. Abu Mazen - a differenza dei sostenitori della «resistenza» palestinese - ha definito «cani» i dirigenti di Hamas e, per lo meno lui, ha chiesto la liberazione immediata degli ostaggi onde porre termine allo sterminio dei gazawi.

E qui veniamo al nodo dei nodi: lo sterminio dei gazawi si sarebbe potuto evitare senza la cattura degli ostaggi. Lo sterminio dei gazawi si poteva fermare in qualsiasi momento, semplicemente liberando gli ostaggi. Lo sterminio dei gazawi continua perché Hamas non vuole liberare le ultime decine di ostaggi, poveri esseri umani innocenti, ormai ridotti allo stato di larve.

Solo Hamas e nessun altro può fermare i massacri del governo israeliano. L’azione militare d’Israele non può fermarla nessuno finché tutti gli ultimi ostaggi non saranno stati liberati. 

Premere su Netanyahu perché cessi le ostilità è una perdita di tempo. Nei casi più «nobili», è un alibi per mettersi a posto con la propria coscienza. Il bersaglio politico è errato e si dovrebbero invece concentrare tutte le energie per costringere Hamas a liberare gli ultimi ostaggi, se veramente si soffre per lo sterminio del popolo gazawi.

Io soffro per tale sterminio e per questo mi pongo il problema delle possibilità concrete per porvi fine. Non vado in giro a predicare la pace - quella che ormai si stava diffondendo in quasi tutto il mondo arabo ormai disposto a convivere con Israele - perché so che Hamas non l’accetterà mai e che continuerà a lottare per il GENOCIDIO degli ebrei d’Israele come STA SCRITTO nel suo PROGRAMMA e come ripetono i suoi dirigenti.

La verità è che l’intero mondo civile occidentale si sente in colpa per non aver mai fatto nulla per aiutare veramente Israele a sopravvivere, negli anni in cui l’intero mondo arabo ne voleva la scomparsa dalla carta geografica del Medio Oriente: quando ne voleva in pratica il genocidio.

Che ci piaccia o no, il governo israeliano proseguirà lo sterminio finché Hamas non avrà liberato l’ultimo ostaggio. Giusta o sbagliata (ed è sbagliata, nel senso che dirò avanti) questa è la linea dall’attuale governo israeliano. Nulla può fermarlo: nemmeno gli Usa, anche se Trump volesse provare a farlo. Netanyahu continuerà a uccidere fino alla liberazione dell’ultimo ostaggio e Hamas continuerà ad essere il primo responsabile dello sterminio del proprio popolo: uno sterminio che ha voluto dall’inizio e che continua a volere rifiutando di liberare quella manciata di poveri ostaggi da cui dipendono le vite di migliaia di cittadini gazawi.

Quindi non SI PUO' metterli sullo stesso piano: Hamas ha voluto lo sterminio e non  lo vuole fermare. Il governo di Israele, aggredito e minacciato di genocidio, sta praticando lo sterminio ma solo come forma sbagliatissima di autodifesa. E si fermerà solo quando l’ultimo ostaggio sarà stato liberato. Colpevoli di crimini contro l’umanità entrambi, ma la scelta di avviare i massacri è stata in primo luogo di Hamas (che non a caso ha cominciato a sua volta con un enorme massacro, sadico e disumano), mentre la realizzazione è responsabilità del governo israeliano. Non vedo come si possano mettere sullo stesso piano i due diversi tipi di crimini contro l’umanità: uno aggressivo e l’altro difensivo.

3. 

La democrazia interna di paesi capitalistici (in realtà postdemocratici) non è misurabile con le loro azioni di guerra. Gli Usa rimangono il paese più postdemocratico al mondo (e credo che su questo non ci possano essere dubbi), secondo solo forse alle postdemocrazie scandinave. Di guerre ne ha fatte tante e anche spietate, come in Vietnam; ma non conduce più guerre coloniali (cioè di conquista di territori) dalla Guerra ispanoamericana del 1898, a differenza del nazifascismo, dello stalinismo, della Cina, della Russia attuale ecc.

Negli Usa si è potuto manifestare a livelli di massa contro quella stessa guerra indocinese e il movimento di protesta ha dato un grosso contributo alla vittoria vietnamita finale. In nessun altro paese capitalistico al mondo, per quel che mi risulta, si è mai permesso di manifestare mentre il paese era in guerra. Unica eccezione è ormai solo Israele, dove anche dopo il pogrom del 7 ottobre vi sono state manifestazioni continue (contro il governo), addirittura uno sciopero generale. E attualmente è in corso un processo contro Netanyahu per passate vicende. Sono esempi di pratiche democratiche impensabili nel mondo dittatoriale di chi vuole il genocidio degli ebrei d’Israele.

Trovami un altro paese che possa permettersi tanto pluralismo politico e istituzionale mentre fa la guerra. Anzi, mentre vive da decenni sotto la minaccia di genocidio: il genocidio degli ebrei israeliani che sta nel programma di Hamas, dell’Iran e dei suoi accoliti, ma che ormai e per fortuna non viene più rivendicato da alcun grande paese arabo.

E anche questo è un  segno positivo dei tempi: il mondo arabo, nella sua stragrande maggioranza, ha abbandonato la vecchia posizione del genocidio ebraico-israeliano e ormai questa posizione di antisemitismo islamico (diverso da quello «cristiano» e da quello «di sinistra») è solo dell’Iran.

4. 

E con l’Iran veniamo al mio punto: cosa avrebbe dovuto fare Netanyahu se fossi stato io. Sì, io, ma con la mia formazione di marxista libertario e rivoluzionario. E lasciamo perdere tutto il prima, giacché io non avrei mai permesso ad Hamas di instaurare la sua dittatura e di usare i sussidi internazionali per preparare la guerra.

a) Dopo il 7 ottobre avrei fatto appello alla comunità internazionale perché mi aiutasse a liberare gli ostaggi: Nazioni Unite, Croce rossa, Tribunali vari, Chiese cristiane varie (la cattolica in primo luogo).

b) Nessuno di costoro si sarebbe mosso, come si poteva facilmente prevedere e quindi non mi sarebbe rimasta altra scelta che passare alle armi. Prima però avrei intimato al governo iraniano di far liberare gli ostaggi, se non voleva subire rappresaglie via via crescenti sul piano militare. Devo dire che probabilmente avrei fatto lo stesso con il Qatar, dove la direzione di Hamas trova ancora riparo e finanziamenti.

c) L’Iran ovviamente non avrebbe mosso un dito e quindi avrei cominciato a bombardare alcuni suoi siti strategici, militari soprattutto. A distanza di giorni avrei rinnovato l’ultimatum e allo stesso tempo avrei ampliato le aree da bombardare, con una vera e propria escalation, stando attento il più possibile a non colpire aree di civili.

Un’eventuale reazione militare dell’Iran sarebbe stata benvenuta perché avrebbe aperto la porta finalmente al bombardamento dei suoi siti nucleari: un bombardamento parziale ma non risolutivo, perché la possibilità di distruggerli del tutto sarebbe dipesa da risorse militari che hanno solo gli Usa e che sembrano intenzionati a utilizzare con parsimonia. Ma qualcosa sarebbe stato sempre meglio di niente, dato che l’Iran continua ad arricchire il proprio uranio in vista della creazione della bomba.

Prima o poi il governo iraniano avrebbe dovuto cedere (ordinando ad Hamas di liberare gli ostaggi), ma probabilmente vi sarebbe stata a un certo punto l’insurrezione della sua popolazione che, a maggioranza, non ne può più della dittatura teocratica degli ayatollah.

Sconfitto l’Iran, liberati gli ostaggi, non vi sarebbe stato il massacro dei gazawi e anche Hamas sarebbe finalmente scomparso dalla faccia della Terra. Il fatto che una posizione analoga sia stata espressa da Ernesto Galli della Loggia (Corriere della sera del 26 maggio) non mi preoccupa. Anzi mi conforta, perché dimostra che in fondo la mia posizione non è così estrema o estremista come può sembrare, se ci è arrivato spontaneamente anche un intellettuale liberaldemocratico, animato da spirito illuministico e da una notevole preparazione teorica.

Per concludere: invito a non mettere sullo stesso piano i crimini contro l’umanità di Hamas con quelli dell’attuale governo israeliano. La differenza è qualitativa.

Ribadisco inoltre che solo Hamas può porre termine allo sterminio dei gazawi. Ma anche che le Nazioni Unite, la Chiesa e la Croce rossa non hanno fatto nulla per liberare gli ostaggi. Messi tutti insieme, forse ci sarebbero riusciti e avrebbero salvato decine di migliaia di vite umane. Ma evidentemente il salvataggio degli ostaggi - e quindi anche del popolo gazawi -  non interessava loro come pare non interessare gli antisemiti «di sinistra». 

Nuocere a Israele sembra invece il movente principale di tutti questi organismi internazionali. Se penso che Hamas non è inserito tra i gruppi terroristici, nemmeno dopo ciò che aveva fatto a Gaza (uccisione dei palestinesi fedeli ad Abu Mazen) e poi  in territorio israeliano (pogrom del 7 ottobre), mi rendo conto di quanto illusoria fosse fin dall’inizio la speranza di un intervento delle Nazioni Unite. Infine, rifletti a lungo sull’ipotesi dei bombardamenti crescenti contro l’Iran -oggi il principale nemico della pace nel mondo, più dello stesso regime russo- perché la conseguenza immediata di una tale posizione è che Israele sta combattendo anche per noi e per la salvezza dell’umanità dalla catastrofe nucleare. Questa sicuramente esploderà il giorno in cui il regime fanatico degli ayatollah sarà riuscito a confezionare le sue prime bombe atomiche.

Se vi arriverà, non ho alcun dubbio che le lancerà immediatamente su Israele, consapevole dell’inevitabile rappresaglia nucleare, ma invocando il sacrificio dell’intero popolo iraniano, come Hamas non ha esitato a sacrificare il popolo gazawi. L’integralismo islamico, del resto, prevede l’entrata nel paradiso di Allah di coloro che combattono contro gli infedeli. E lì, come ben sai, ogni maschio è atteso da una settantina di vergini con grossi seni (secondo quanto promette il Corano). Ma niente per le donne.

Indipendentemente da questa mia posizione fondata sull’escalation militare contro l’Iran, sarebbe bello che la sinistra arrivasse a un’altra soluzione. Ma l’importante è che essa sia pratica, che ne siano indicati i soggetti reali e i tempi di realizzazione, e non sia una semplice petizione di principio - come fanno tutti coloro che invocano la pace, senza tener conto delle forze in gioco.

Alla mia posizione io arrivo avendo alle spalle il mio percorso teorico, figlio di un certo tipo di cultura marxista rivoluzionaria e libertaria, impegnato praticamente dagli anni ‘60 a lottare per l’abolizione del capitalismo (nel senso di un suo superamento e non di regresso a formazioni sociali precapitalistiche o istituzioni predemocratiche). Come si sa, sono ormai privo di qualsivoglia fiducia nelle istituzioni politiche che dominano il mondo (Nazioni Unite comprese), e sono addirittura sgomento per i processi degenerativi in senso dittatoriale, hitlerocomunistico e antisemitico che sta inducendo la smania di protagonismo digitale anche in molti giovani della tua generazione.

di Roberto Massari, per conoscere chi sono: https://www.meer.com/it/authors/733-roberto-massari.

https://utopiarossa.blogspot.com/2025/06/solo-hamas-puo-fermare-lo-sterminio-gaza.html

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A mio avviso assolutamente ineccepibile!

martedì 15 luglio 2025

Dai cinque ai dieci anni...

 “Dateceli dai cinque ai dieci anni, e saranno nostri per tutta la vita”.

Joseph De Maistre; conte, 1753 – 1821, tra i più noti critici della rivoluzione francese ed uno dei massimi esponenti della corrente reazionaria del periodo post-rivoluzionario, padre del moderno conservatorismo.

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Penso (e temo) che abbia ragione: è difficile staccarsi dall'imprinting e ragionare con la propria testa!

mercoledì 2 luglio 2025

Le donne e la teologia

 

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Quando ho letto questa cosa NON ci credevo e ho controllato risalendo alle fonti: E' TUTTO VERO!
Sinceramente non ho parole...